Chiese e Monumenti

Ultima modifica 12 aprile 2021

Chiesa di Santa Teresa: annessa al Monastero delle Carmelitane Scalze fondato sullo scorcio del Seicento, risale al sec. XVIII. I motivi della facciata, compreso il rosone e le nicchie, vanno interpretati come una trasposizione in chiave rococò della Chiesa della Purità progettata e realizzata dall’architetto napoletano Fernando Sanfelice, in altra zona della città, a mezza strada tra la fabbrica del S. Domenico e quella di S. Chiara. L’interno, decorato con stucchi, presenta soluzioni spaziali vicine a quella della Purità (si vedano le volte) insieme all’elaborazione di motivi iconografici ripresi da edifici dell’Italia centro-settentrionale. Sul portale lo stemma del vescovo Carafa (1736-1754) e dell’Ordine di s. Teresa.

 

Chiesa dell’Immacolata (ex Chiesa di S. Francesco): nella parte più antica della città, quella della Chiesa Cattedrale, e sulla motta del castello normanno-svevo, è opera dei “maestri” muratori neretini Spalletta, Bruno e G. T. Riccio realizzata nel 1580. Evidenti nella struttura i raffronti con il linguaggio architettonico di un illustre maestro del tempo, il Riccardi, a cui si deve il tempio leccese di Santa Croce, dal quale l’edificio neretino diverge, nello stesso tempo, per la diversa distribuzione degli motivi nella superficie esterna. Ad unica navata, l’interno evidenzia l’eleganza dell’impaginazione. Una cornice marcapiano disegna e sottolinea lo sviluppo longitudinale dell’edificio, concludendosi, al di sopra dell’arco trionfale, nel motivo molto diffuso nel Salento dell’arco angioino-durrazzesco di provenienza spagnola, per cui è detto anche arco catalano. L’annesso Convento dei Francescani (cui lavorò G.M. Tarantino per la realizzazione dei chiostri), ristrutturazione della fabbrica del castello normanno-svevo donato alla fine del 1200 da Filippo de Toucy all’Ordine dei Cappuccini, fu acquistato nell’ottocento dalla famiglia Giannelli e trasformato in residenza signorile.

 

Duomo: dedicato alla Vergine Assunta (nell’alto medioevo chiesa abbaziale, Santa Maria de Nerito), risale alla fine del sec. XI. Numerosi nel tempo gli interventi di rifacimento in grado di comprometterne l’unità stilistica come quello della facciata realizzata nel sec. XVIII dall’architetto Sanfelice dopo la demolizione di quella medievale. Altresì evidenti all’interno gli interventi barocchi degli altari (si veda in particolare quello delle Anime Purganti opera di Placido Buffelli). A tre navate, con transetto e presbiterio a quattro spicchi affrescati, l’impianto è quello originario, riconducibile, perciò, all’edificio voluto dal signore dell’epoca (seconda metà del sec. XI), il normanno Goffredo, della famiglia di Roberto il Guiscardo. L’interno è arricchito nella sua decorazione da affreschi risalenti ai sec. XIV e XV, alcuni dei quali, come i due dedicati a s. Nicola, testimoniano, insieme ai liturgici (di cui si conserva qualche esemplare) la continuità della religiosità bizantina, che, nei secoli (sino agli anni sessanta del XX), si coniugherà con quella latina. Alcuni di questi episodi pittorici, come la Madonna del Giglio, il Sant’Agostino, la Madonna del Melograno, sono di chiara committenza angioina, riconducibili al momento degli interventi di ristrutturazione (forse a seguito di necessarie opere di consolidamento) realizzati dai principi di Taranto, ai quali Nardò era infeudata nel sec. XIV. Sono custodite all’interno tele di pregevole fattura dell’Olivieri, del De Matteis, di Luca Giordano. Opera di alto valore artistico il Crocifisso Nero in legno di cedro, risalente al sec. XIII. Evidenti le tangenze con i Cristi campani, in particolare con quello di Aversa, prova dell’appartenenza dell’artista all’ambiente culturale federiciano La torre campanaria attuale (eretta sulla più antica struttura dei secoli precedenti) denunzia diverse fasi di costruzione, riconducibili, la prima, quella della base, al sec. XIII, scandita da svecchiature cui si appoggiano strutture (più tarde) della chiesa, la seconda, interessante i piani delle due celle, al sec. XIV, la terza, quella dell’ultima cella, al sec. XVIII. Nell’adiacente edificio dell’Episcopio, insistente sulla stessa area della fondazione benedettina del sec. XI, sono conservate tele del celebre artista campano del sec. XVIII, Francesco Solimena, quella cioè della Madonna in gloria tra i santi Pietro e Paolo (cappella privata del vescovo), e di discepoli del Solimena, quali l’Adorazione dei pastori e l’Arrivo delle reliquie di s. Gregorio l’Illuminatore (entrambe nello scalone di accesso al piano degli appartamenti vescovili), la prima replica dell’Adorazione dei pastori della chiesa napoletana di Santa Maria Donnalbina, la seconda dell’Arrivo delle ceneri di San Giovanni Battista del Duomo di Genova. La tela neretina riprende di quest’ultima la parte centrale.

 

Chiesa del Carmine: già esistente nel 1400, subì rifacimenti nel 1532 a seguito dei danni riportati nel periodo della guerra franco-spagnola, e, nel sec. XVIII, a seguito dei danni causati dal terremoto (si veda in particolare l’interno a tre navate). Al Cinquecento è da ricondurre la parte inferiore della facciata, modificata nella sua impostazione originaria dal portale timpanato. Alla stessa epoca appartengono le due statue poste in alto, quella dell’angelo annunziante (a sinistra) e quella della Madonna annunziata (a destra), evidente richiamo alla titolatura della chiesa. Nell’interno sono custodite tele di pregevole fattura, quali la Pietà di Gian Serio Strafella, personalità di indubbio rilievo nel mondo della pittura salentina del sec. XVI, sensibile alle influenze degli ambienti napoletani (Marco Pino) e del manierismo romano. Da tener presenti, ancora, le due tele posto nel presbiterio una di fronte all’altra e ritraenti San Gregorio Armeno e San Nicola, opere di artista settecentesco vicino al Solimena. La fabbrica del convento, sede della comunità dei Carmelitani, risale anch’essa al sec. XVI. Nel tempo è stata, purtroppo, variamente utilizzata a caserma, a scuola, ospitando anche associazioni culturali e attività commerciali.

 

Chiesa di San Trifone: edificata tra il 1720 ed il 1723, probabilmente su progetto del Sanfelice, presenta una sobria facciata con portale, quattro nicchie ed in alto un finestrone centrale. L’interno, ad una navata, conserva una tela del napoletano Nicola Russo.

 

Chiesa di Sant’ Antonio: edificata nel 1497 nell’area del quartiere ebraico, la “Giudecca”. Fu servita da una comunità di Osservanti, passata in periodo posttridentino alla serafica riforma di s. Niccolò. Il convento fu sede di una scuola di teologia e filosofia. Un fondo costituito anche da incunaboli proveniente dalla sua ricca biblioteca fu trasferito, con la soppressione degli Ordini religiosi, presso la Biblioteca Comunale. Più volte ristrutturato l’edificio presenta i segni di questi interventi sia nei motivi manieristici della facciata inseriti nella composizione a due piani, sia nell’architettura barocca degli altari, all’interno, arricchito dal prezioso soffitto a cassettoni sovrastante l’unica navata. Degna di attenzione nel secondo altare a destra la statua in pietra locale dipinta di s. Antonio, fra le cose non migliori dell’artista, Stefano da Putignano, operante in Puglia dalla fine del Quattrocento al 1530 circa. Nella sacrestia, dove evidentemente fu trasferito dalla orginaria sede della chiesa, il sontuoso cenotafio (sec. XVI) dei duchi Acquaviva, signori di Nardò. L’annesso Convento dopo il 1866 cambiò destinazione d’uso e fu ospedale. Alla fine fu demolito; si è salvato il chiostro con il pozzo e le lunette affrescate.

 

Chiesa di Santa Chiara: la facciata con i suoi motivi classicistici, quali cornici modanate, frontone semicircolare, nicchie, conferisce alla fabbrica la valenza di un’opera che non trova riscontri negli altri edifici religiosi presenti in città. L’annesso monastero, fondato tra le fine del sec. XIII e gli inizi del secolo successivo, a distanza di poco tempo, quindi, dalla morte di Chiara d’Assisi, ha finito con l’inglobare al suo interno la prima chiesa costruita nella stessa epoca della fondazione, ad unica nave con volta a botte. I locali del laboratorio sono decorati da affreschi del sec. XIV. Uno scalone di fine fattura realizzato nel Settecento dall’architetto Ferdinando Sanfelice mette in comunicazione i locali del piano terra con quelli del piano superiore. Ospitando ancora la comunità delle Clarisse, è chiuso al pubblico.

 

Chiesa di San Giuseppe: fu edificata nel 1758 sotto l’episcopato di Petruccelli, come indicato dalla iscrizione di facciata. Questa nella equilibrata misura della composizione rivela motivi (facciata curva, abbastanza diffusa nell’architettura tardobarocca del Salento) assai vicini al San Matteo di Lecce. All’interno un bassorilievo raffigurante la Fuga in Egitto, ed alcune tele di buona fattura.

 

 Chiesa di San Domenico: l’edificio insiste sull’area di una delle più antiche (1300 circa) fondazioni domenicane (e non solo del Salento, ove si tenga presente l’anno della morte del fondatore dell’Ordine dei Predicatori, 1221) intitolata a Santa Maria dei Raccomandati, come si legge nel cartiglio del portale (S.M.). Ricostruito nel sec. XV, fu dedicato a San Domenico. Nella seconda metà del sec. XVI fu interamente rifatto, sembrerebbe, dall’architetto neretino Giovanni Maria Tarantino, autore di altri edifici religiosi nel Salento e nella stessa Nardò, ivi compreso quella della municipalità con la torre civica, ricostruito nel Settecento dopo il tremendo terremoto del 1743 in seguito al quale molti edifici, fra cui l’interno dello stesso San Domenico, andarono distrutti. La stupenda facciata, «intellettualmente» collegabile «con i retablos spagnoli», ripropone motivi provenienti da diverse epoche e da differenti situazioni. Al ripiano superiore scandito dalle statue della Madonna e di s. Domenico, si contrappone quello inferiore tormentato dalle figure di esseri stravaganti e deformi, dalle maschere fogliate di derivazione federiciana, divenendo, così, nel suo insieme un manifesto postlepantino del trionfo del cristianesimo (Maria e Domenico) sugli infedeli (i mascheroni del ripiano inferiore). Delle strutture cinquecentesche, all’interno, si salvò solo la sacrestia e le volute dell’ingresso secondario. Il restauro degli interni è stato di recente attribuito a Ferdinando Sanfelice. Sull’altare del braccio sinistro del Transetto la Madonna del Rosario attribuita a Donato Antonio d’Orlando (sec. XVI). La Torre Campanaria conserva parti e motivi dei secc. XIV-XV)

 

Chiesa di S. Giovanni Battista: di modeste dimensioni, fu edificata nel 1723 in locali della famiglia Dell’Abate. Degno di attenzione il portale tardo-barocco. Il campanile è un’aggiunta del 1894.

 

Chiesa della Beata Vergine della Purità: progettata da Ferdinando Sanfelice, fu realizzata attorno ai primi decenni del sec. XVIII. Con pianta a croce greca, ha un’elegante facciata dall’impostazione borrominiana con giochi di superfici concave e convesse, di vuoti e di pieni. Ferdinando Sanfelice, con il Vaccaro fra i migliori allievi del Solimena, raggiunse in quest’edificio una delle espressioni più eleganti della sua produzione e dell’architettura salentina del Settecento. Fu consacrata nel 17, dal fratello di Ferdinando, Antonio Sanfelice, vescovo di Nardò fra il 1708 1 il 1736, che è qui sepolto.

 

Tempietto dell’Osanna: in pietra leccese, a forma ottagonale, con otto colonne perimetrali ed una centrale che sostengono una cupola, risale al 1613.

 

Guglia dell’Immacolata: eretta nel 1769, alta m.19, a forma ottagonale, in carparo e con statue in pietra leccese. Simbolo della devozione mariana, posta nella piazza urbica ad equidistanza tra la sede (fregio del Sedile pubblico) della triade del patronato civico (L’Arcangelo Michele, s. Gregorio Armeno e s. Antonio di Padova) e il palazzo della municipalità (che oggi ospita il Tribunale), si trova collocata al centro politico e geometrico di una città che sin dal sec. XI dedicò alla Vergine Assunta la chiesa abbaziale, poi chiesa cattedrale a partire dal 1413.